Ieri la giornalista Rula Jebreal ha rifiutato l’invito a Propaganda Live lamentando la sottorappresentazione femminile nei media italiani. Tra i 7 ospiti invitati al programma, lei sarebbe stata infatti l’unica donna. “Con rammarico devo declinare l'invito, come scelta professionale non partecipo a nessun evento che non implementa la parità e l'inclusione”. Ma il rifiuto di Rula Jebreal a partecipare alla trasmissione ha rivelato quanto il tema della parità di genere sia molto complesso da comprendere anche da parte di chi si dichiara a favore della causa. Il presentatore Diego Bianchi ha parlato dell’accaduto per circa 4 minuti, dimostrando una totale incomprensione. Non ha espresso la volontà di migliorare, bensì ha ribadito che Rula Jebreal non conosce davvero il programma. Perché se lo conoscesse saprebbe che ogni settimana sono presenti in studio le giornaliste Constanze Reuscher e Francesca Schianchi (che ogni tanto intervengono per qualche secondo se chiamate in causa). Se lo conoscesse saprebbe che Propaganda Live ha vinto il Diversity Media Award, che premia l’inclusione. Se lo conoscesse saprebbe che le persone vengono invitate per la loro competenza e non in base al sesso (una delle peggiori obiezioni contro chi lamenta la disparità di genere). Anche lei del resto – ha aggiunto Bianchi – è stata invitata per la sua professionalità, e non in quanto donna. Ma il problema è proprio questo. Il problema è che gli uomini che gestiscono la trasmissione non riescono a vedere che Rula Jebreal aveva ragione. Perché a Propaganda Live, come nella maggior parte dei programmi televisivi italiani, i maschi dominano la scena e negano l’evidenza. Come scrive Michela Murgia “il fatto che l’assenza delle donne non sia nemmeno percepita è la parte principale del problema”. Anche chi va fiero di un Diversity Award e sostiene idee di sinistra, troppo spesso ha un problema di cui non si rende conto: il sessismo interiorizzato.
